Banche attrezzate per Trump, le Pmi no: mano tesa da IA e Big Data – PLTV.it


14 Luglio 2025

di Giuseppe Gaetano, editor in chief

Il calo del costo del denaro ha abbassato il margine di interesse nei bilanci delle banche italiane e i ricavi iniziano ad arrivare soprattutto dalle commissioni su risparmio gestito e assicurativo: un business in cui sono decisive le reti vendita, chiamate ora più che mai a collocare fondi e polizze sul territorio.

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D’altro canto l’allentamento monetario continua a trasmettersi al costo del credito, sebbene la domanda resti ancora  limitata: la contrazione dei prestiti alle imprese si è attenuata – tranne che per quelle piccole – ma le politiche di offerta restano improntate alla prudenza, proprio in ragione dell’elevata incertezza del contesto internazionale. Le aziende esportatrici, in particolare, hanno ridotto il ricorso a finanziamenti a lunga scadenza, in genere destinati a sostenere investimenti in beni strumentali e capacità produttiva. Come emerso con evidenza a giugno ai Leadership Forum Summer e PMI, il business retail ha invece ripreso a veleggiare.
Gli istituti “sono molto esposti a turbolenze geopolitiche e macroeconomiche in atto, ha detto il presidente Antonio Patuelli all’assemblea ABI, tuttavia “ ricapitalizzazioni, aumenti di capitale e accantonamenti” hanno ripulito le relazioni finanziarie dai deteriorati: ad aprile ammontavano a circa 31 miliardi di euro, pari all’1,5% di tutti i crediti in essere. Le Pmi, altrettanto esposte agli shock commerciali di Trump, destano qualche preoccupazione in più.

Per quanto riguarda le banche, vedremo nei prossimi giorni – con l’uscita delle prime semestrali 2025 – se qualità degli attivi e indici di solidità degli istituti mostreranno qualche segnale di peggioramento o confermeranno il trend positivo ribadito dalle trimestrali. Talmente positivo, da spingere il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti a tornare alla carica nel chiedere al sistema di fare di più nell’erogazione di prestiti, quando il governo – a dirla tutta – non è che sia stato poi così generoso con le garanzie pubbliche offerte al mercato.
Il governatore Bankitalia Fabio Panetta, intervenuto all’appuntamento, sa che per il settore le moderne tecnologie rappresentano una “leva strategica dell’efficienza operativa, della gestione dei rischi e della qualità dei servizi: gli intermediari che hanno investito di più – ha detto – sono anche quelli che hanno ridotto in misura maggiore il rapporto tra costi e ricavi”. Tutto sommato il digitale ha aumentato i correntisti, facilitando l’inclusione di chi risiede e lavora in aree desertificate dalle filiali, e la popolazione digitalmente non alfabetizzata cala costantemente.

Anche le banche locali vi investono massicciamente, ognuna secondo le proprie disponibilità, ricorrendo all’esternalizzazione dei servizi più dei grandi gruppi, che magari preferiscono inglobare fornitori e provider: proprio la sproporzione tra le risorse finanziarie dei diversi player, è un elemento concorrenziale che potrà decidere la competizione tra gli operatori.
L’altra leva però resta, da sempre, la consulenza diretta al cliente. A tutto c’è un limite, per fortuna: intelligenza artificiale e big data (che se usate bene aiuterebbero, secondo OAM, a rilanciare il credito corporate) “non devono essere impiegati in modo automatico” nella concessione del credito – ha affermato Panetta -, specie in attività a valore aggiunto come la valutazione del merito della clientela. Insomma, in medio stat virtus: va bene assecondare la propensione degli stessi utenti all’home banking, ma senza esagerare. Anche il cyber risk, ad esempio, evolve con la tecnologia. A tal proposito le nostre banche sono in forte ritardo nell’attuazione del regolamento europeo Dora dell’Ue con “carenze diffuse – ha detto Panetta -, scarso coinvolgimento degli organi sociali, inventari informatici incompleti, controlli insufficienti”: il 40% prevede di riuscire a garantire la conformità solo da settembre.

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