Investimenti, l’Italia piace alle imprese: aumento del 5% nel 2024. Meloni: «Il Paese è attrattivo»


Sarà l’effetto fiducia, tra conti al sicuro e stabilità politica. Oppure come sostiene l’ultima fotografia dell’EY Effectiveness Survey Italy, c’entra più in generale la capacità dell’Italia «di farsi trovare pronta» mentre cambiavano i flussi di capitali e si riorganizzazione delle catene di fornitura globale, sfruttando al massimo «la posizione baricentrica nel Mediterraneo e come natura ponte tra Europa, Nord Africa e Medio Oriente». Fatto sta che in un anno molto complesso come il 2024 l’Italia ha incassato una crescita del 5% degli investimenti diretti esteri (Ide), con 224 progetti annunciati, rispetto ai 214 al 2023, confermando la tendenza positiva avviata dal nostro Paese a partire dal 2019, con un picco di 243 progetti annunciati nel 2022. Sono numeri molto positivi», per Marco Daviddi, managing partner di EY-Parthenon in Italia, «che testimoniano il consolidamento dell’attrattività del nostro Paese, anche grazie a una serie di misure adottate dal governo». «Un segnale chiaro di fiducia verso la nostra Nazione. Stabilità, serietà e visione stanno facendo la differenza», commenta la premier Giorgia Meloni.

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Il dato fa ancora più effetto se confrontato con il meno 5% registrato dall’Europa dopo un analogo dato registrato nel 2023. La quota di mercato che cresce al 4,2%, posiziona l’Italia al settimo posto della graduatoria europea, con un salto di due posizioni. Certo, le prime tre economie europee, Francia, Regno Unito e Germania, continuano ad attrarre la maggior parte dei flussi (il 46%), ma sfigurano con riduzioni di investimenti diretti esteri rispettivamente del 14%, 13% e 17%.

Primo investitore in Italia si confermano gli Usa, ma la loro quota di mercato è scesa dal 19% al 16%, mentre sale il peso degli investimenti europei, in particolare dalla Germania, la cui quota ha raggiunto il 14% del totale. Anche il debito pubblico segna un nuovo traguardo. Secondo il rapporto Aibe la quota in mano a soggetti non residenti è salita nel primo trimestre 2025 quando lo stock è salito al 31,6%. Certi numeri hanno pesato eccome in una giornata come ieri.

L’INCONTRO

Ore 15.30 di ieri. Tre imponenti vetture attraversano via dell’Impresa e varcano l’ingresso sul retro di Palazzo Chigi. Dalle auto scendono diversi uomini in abito scuro, hanno un accento spiccatamente statunitense, nel cortile spira un ponentino che restituisce un po’ di refrigerio dopo giorni di fuoco. Qualcuno, tra i poliziotti e i commessi che vivono abitualmente la sede del governo, pensa che l’ospite atteso da Giorgia Meloni sia Tilman J. Fertitta, neo ambasciatore degli Stati Uniti in Italia, forse in arrivo da Civitavecchia dove “il ristoratore più ricco del mondo” – copyright Forbes – alloggia con famiglia al seguito su un panfilo di 70 metri. Ma l’uomo che la premier attende nella sua stanza non è il diplomatico, bensì il ceo di JP Morgan Jamie Dimon, il capo della più grande banca del pianeta, con una capitalizzazione di mercato all’attivo di oltre 420 miliardi di dollari. Ed è la visita che non ti aspetti, sulla falsariga di un’altra che, nel settembre dello scorso anno, generò stupore: l’incontro della presidente del Consiglio con Larry Fink, il presidente e amministratore delegato di BlackRock, una delle più importanti, e forse la più potente, società d’investimento del mondo. Sono giorni d’attesa a Palazzo Chigi, gli occhi puntati su Bruxelles dove vanno avanti serrate le trattative sui dazi voluti da Donald Trump. Una guerra commerciale che va avanti con uno stillicidio di lettere da recapitare, e rispetto alla quale lo stesso Dimon nei mesi scorsi ha messo in guardia, rimarcandone rischi geopolitici e di inflazione. La prima banca d’affari mondiale investe in tutto il globo. Per Meloni l’incontro con il numero 1 di JP Morgan è un’occasione ghiotta in uno snodo complicato. Così la premier spiega al super banchiere come l’Italia stia dando il massimo per attrarre investimenti, a partire dall’impegno, improntato alla prudenza, per tutelare i conti pubblici. A prova del lavoro portato avanti d’intesa col Mef, Meloni snocciola gli ultimi numeri sullo spread. C’è un clima di fiducia, rivendica, generato da un governo che non sbanda, un esecutivo che si sta dimostrando longevo smentendo un passato, tutto italiano, di esecutivi votati al tirare a campare. E così, mentre un tempo dall’estero guardavano a Roma solo per investire in titoli di debito, ora, fa notare Meloni a Dimon, si punta sull’Italia anche per collocare risorse sulle infrastrutture, sulle reti digitali e sulla sfida della IA. E poi c’è il grande tema dell’Africa e del Piano Mattei. Su questo dossier con Dimon c’è ampia convergenza di vedute, perché i colossi americani, leggi JP Morgan e Blackrock, da tempo hanno mosso risorse sul Continente. «Non possiamo lasciare spazio agli altri», la convinzione della premier, che a Dimon ha ricordato gli appetiti di Pechino e Mosca sull’Africa. Con il ceo, Meloni si è poi soffermata sulGlobal Gateway, nonché «sulla possibilità di cofinanziare progetti nel continente, con un focus speciale sul settore energetico», recita la nota diffusa da Palazzo Chigi subito dopo l’incontro.

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