Payback dispositivi medici: le imprese chiedono tutele su esenzioni, rateizzazione, credito e Iva


Più tutele per le piccole e medie imprese, esenzione per i fatturati minori, rateizzazione fino a tre anni, sostegno all’accesso al credito e chiarimenti sull’Iva: sono le principali richieste avanzate il 3 luglio in audizione alla Commissione Bilancio del Senato da Aforp, Confimi Industria Sanità, Confindustria Dispositivi Medici e Coordinamento Filiera, nell’ambito del confronto sul decreto Economia pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 30 giugno, per affrontare gli effetti del payback dispositivi medici 2015-2018.

Focus sulle Pmi: “Serve una soglia di esenzione”

Le associazioni di categoria hanno ribadito la necessità di introdurre misure specifiche per proteggere le piccole e medie imprese, ritenute le più vulnerabili di fronte al meccanismo del payback dispositivi medici per gli anni 2015-2018. “La minore capitalizzazione e disponibilità di liquidità rende le PMI particolarmente esposte – spiegano – ed è fondamentale prevedere una soglia di esenzione per i fatturati più bassi”.

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Rateizzazione, IVA e credito: le altre proposte

Tra le proposte condivise anche con il ministero dell’Economia e delle Finanze, figura la possibilità per le imprese di rateizzare i versamenti dovuti nell’arco di 24-36 mesi. Le associazioni hanno inoltre chiesto chiarimenti sulle modalità di detrazione dell’IVA, un rafforzamento delle garanzie pubbliche per facilitare l’accesso al credito e la possibilità di compensare fiscalmente gli importi già versati in eccesso rispetto al dovuto.

Settore unito nel chiedere correttivi

Le quattro sigle rappresentano un settore estremamente eterogeneo, che include piccole, medie e grandi imprese attive nella produzione, distribuzione e nei servizi. Complessivamente, le aziende associate sono interessate da oltre il 91% dell’onere totale del payback. “Ribadiamo la piena disponibilità a collaborare con Governo e Parlamento – affermano – per introdurre in fase di conversione del decreto misure correttive che salvaguardino la tenuta del comparto, senza compromettere la qualità e la continuità dell’assistenza sanitaria”.



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