Perché le banche stanno abbandonando gli impegni per il clima


Con la stabilizzazione dei tassi di interesse, il rafforzamento dei prezzi del petrolio e la domanda di energia in continua crescita a livello globale, gli investimenti nei combustibili fossili sono tornati di moda

Altro che impegno per il clima. Le banche globali nel 2024 hanno investito quasi 900 miliardi di dollari in finanziamenti per i combustibili fossili, secondo l’ultimo rapporto “Banking on Climate Chaos”. Le banche che finanziano i combustibili fossili sembrano aver smesso di fingere.

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NEL 2024 DALLE BANCHE MONDIALI 900 MLD DOLLARI IN FINANZIAMENTI PER I FOSSILI

JPMorgan Chase, Bank of America, Citigroup e Barclays sono in testa alla classifica, ciascuna con oltre 10 miliardi di dollari in nuovi finanziamenti per i combustibili fossili. JPM da sola ha investito 53,5 miliardi di dollari in petrolio, gas e carbone, non certo il comportamento che ci si aspetterebbe da un ente che ha intenzione di abbandonare l’abitudine agli idrocarburi a breve.

I critici affermano che questo mina gli obiettivi climatici. La verità, però, è che le banche non sono mai state progettate per raggiungere gli obiettivi climatici, poiché Il loro compito è massimizzare i rendimenti. E, con la stabilizzazione dei tassi di interesse, il rafforzamento dei prezzi del petrolio e la domanda di energia in continua crescita a livello globale, gli investimenti nei combustibili fossili sono tornati di moda.

GLI IMPEGNI DELLE BANCHE SUGLI ESG

Alcune di queste banche – ricorda Oilprice – hanno assunto impegni molto importanti durante il boom ESG: hanno aderito ad alleanze net zero, hanno finanziato report di sostenibilità patinati… ma si trattava di esercizi di branding, non di strategie vincolanti. Nel momento in cui questi impegni sono diventati un peso normativo – o una questione politica – hanno iniziato a dissolversi. L’esempio lampante è l’esodo dalla Net Zero Banking Alliance, sponsorizzata dall’ONU, in concomitanza con il ritorno in carica del presidente americano Donald Trump.

I COMBUSTIBILI FOSSILI STANNO ASSORBENDO UN’IMMENSA QUANTITÀ DI CAPITALI

Alcune delle stesse banche criticate per i finanziamenti ai combustibili fossili continuano ad investire in energie rinnovabili e tecnologie per il clima, ma il punto è che non sono missionari, sono attori del mercato. Al momento i progetti petroliferi e del gas stanno producendo rendimenti stabili, mentre le tecnologie pulite continuano a fare i conti con sforamenti di costo, problemi di catena di approvvigionamento e volatilità delle politiche.

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Le banche non sono organi di politica pubblica, sono allocatori di capitale. E, al momento, i capitali stanno fluendo verso i combustibili fossili per una semplice ragione: la transizione energetica non sta avvenendo abbastanza rapidamente da rendere le energie rinnovabili la scelta migliore.

IL VUOTO NORMATIVO

C’è anche il vuoto normativo da considerare: finché nessuno costringerà le banche a valutare il rischio climatico con efficacia, le iniziative volontarie continueranno a cedere sotto pressione. Un rapporto può rimproverarle quanto vuole ma, finché non ci sarà una legge in vigore o una tassa sul bilancio, le banche faranno quello che hanno sempre fatto: seguire il denaro.

LE TECNOLOGIE PULITE AVANZANO TROPPO LENTAMENTE

Inoltre, la stessa difesa del clima ha perso coerenza. Gli stessi gruppi che chiedono alle banche di smettere di concedere prestiti ai combustibili fossili spesso si oppongono ai permessi di estrazione per i metalli e i minerali necessari alle tecnologie pulite. Questa contraddizione non è passata inosservata nei Consigli di amministrazione. Le banche, a loro merito, hanno almeno scelto una strada: finanzieranno ciò che verrà effettivamente costruito.

E per ora, ciò che viene costruito – su larga scala, a velocità e con profitto – riguarda ancora in gran parte petrolio e gas. Finché la sicurezza energetica, l’inflazione e la volatilità politica rimarranno irrisolte, i combustibili fossili continueranno a sembrare la scommessa più sicura. Non moralmente, ma finanziariamente.

Le banche, quindi, stanno continuando a sostenere i combustibili fossili e stanno continuando a pubblicare rapporti sul clima. Il movimento per il clima potrebbe non gradirlo ma, finché l’economia non cambierà o le normative non si faranno sentire, questo non sarà uno scandalo. Sarà una strategia che, almeno per il momento, sembra funzionare.

IL RISCHO CLIMATICO NEI FINANZIAMENTI DELLE BANCHE ITALIANE

Per quanto riguarda l’Italia, le banche lo scorso anno hanno iniziato a “prezzare” il rischio clima nei finanziamenti alle imprese. Lo segnala la Relazione annuale della Banca d’Italia, che spiega come nel 2024 “un terzo degli intermediari dichiarava di tenere conto anche del rischio da eventi meteorologici estremi nel definire le condizioni per la concessione del credito”.

Le banche stanno progressivamente attuando i piani di azione previsti nelle aspettative di vigilanza riguardanti i rischi climatici e ambientali, ottenendo risultati “soddisfacenti” per quanto riguarda i profili di governance e organizzazione. In ritardo, invece, i prestiti green, con “poco meno di un terzo degli intermediari che ha dichiarato di aver offerto prestiti verdi alle imprese affidatarie. Questi strumenti – si legge ancora nella relazione di Bankitalia – sono destinati ad incrementare l’efficienza energetica degli immobili o a finanziare beni strumentali necessari per migliorare la sostenibilità, e beneficiano inoltre di migliori condizioni creditizie, inclusi tassi di interesse più bassi”.



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