Sostenibilità alla prova dei venti contrari: le imprese italiane non mollano


Il vento contrario alla sostenibilità che soffia dagli Stati Uniti non scalfisce le posizioni degli imprenditori, che anzi continuano a considerarla una leva di crescita. Tra le aziende più virtuose spiccano le imprese italiane, che dimostrano resilienza e visione strategica nel loro percorso verso la transizione ecologica: più di sette aziende italiane su dieci ha realizzato almeno un investimento in sostenibilità ambientale, economia circolare o efficienza energetica nel 2025, in continuo aumento – di tre punti percentuali – rispetto al 2024. Una visione che sembra anche ripagare chi mantiene una forte convinzione nei confronti del mondo Esg. Il 55% delle imprese, infatti, ha ottenuto vantaggi economici concreti, con il 70% che ha registrato una riduzione dei costi operativi, il 31% un miglioramento della redditività aziendale e un 20% che ha individuato un migliore accesso al credito. In generale per il 60% il proprio impegno green/circolare si riflette in un miglioramento della reputazione aziendale.

“Malgrado i passi indietro della politica, due terzi degli imprenditori italiani dicono che investiranno in sostenibilità. Bisogna andare loro incontro”, ha detto il professor Renato Mannheimer, sociologo e membro dell’advisory board Eumetra, che ha realizzato la quarta edizione dell’osservatorio Clean Technology 2025. La ricerca è stata condotta per Haiki+ e Innovatec su un campione rappresentativo di 400 pmi e grandi imprese italiane. “A dispetto dei passi indietro della politica rispetto al green deal, la sostenibilità è un vantaggio. E questo è pienamente riconosciuto dalle imprese”, ha detto Edo Ronchi, ex ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica e attuale presidente della Fondazione Sviluppo Sostenibile.

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Nemmeno le tensioni geopolitiche, l’incertezza legata ai dazi e l’aumento dei costi delle materie prime e dell’energia rallentano il passo sugli investimenti in sostenibilità degli imprenditori italiani. Un’azienda su due dichiara che I’inflazione e i dazi avranno un impatto “poco” o “per niente” significativo sugli investimenti e il 20% prevede addirittura di aumentarli. Il 20% degli investimenti in sostenibilità ha determinato un migliore accesso al credito nel 2025 (rispetto al 17% nel 2024). Questo include un accesso a finanziamenti dedicati (11% nel 2025) e un miglioramento del rating finanziario (9% nel 2025). Inoltre, una migliore reputazione e immagine sono vantaggi raggiunti per il 60% delle imprese, con il 70% che li attendeva.

Tra i nodi ancora da sciogliere, vi è il fatto che nonostante l’aumento degli investimenti e della consapevolezza, permane una carenza significativa nella formalizzazione di strategie di sostenibilità a livello aziendale. Solo il 16% delle piccole aziende e il 35% delle medie-grandi dispone di un piano industriale con direzioni strategiche chiare su questo tema. Il dato risulta particolarmente critico, dal momento che un approccio strategico di lungo termine é essenziale per massimizzare I’efficacia degli investimenti e integrare appieno la sostenibilità nel core business.

Gli imprenditori continuano a riscontrare inoltre difficoltà nell’accesso e nell’attuazione dei fondi e bandi pubblici, un segnale della mancanza di una politica industriale nazionale sufficientemente chiara e agile a supporto delle imprese in questo percorso. In questo senso il Pnrr, pur essendo percepito come un’occasione dal 57% delle imprese, si scontra con complessita burocratiche e un quadro di attuazione carente o incompleto: il risultato é che il 54% delle imprese non ha presentato domanda per i finanziamenti del Pnrr perché i propri progetti non rientrano nelle aree prioritarie individuate dal piano e solo il 4% delle imprese ha ottenuto i finanziamenti. Analogamente per altri bandi pubblici nazionali, regionali ed europei dedicati alla sostenibilità ambientale solo una impresa su 10 ha partecipato nel 2025 mentre una quota significativa non ha avuto accesso ai bandi a causa di progetti non rientranti nelle aree prioritarie (53%) o per problemi burocratici (10%).

“I dati dell’osservatorio Clean Technology 2025 confermano che la sostenibilità non è più un’opzione per le imprese italiane, ma una componente imprescindibile della strategia di crescita, capace di generare valore economico, attrarre investimenti e migliorare la percezione sul mercato, nonostante un quadro macroeconomico incerto”, ha commentato Elio Catania, presidente di Haiki+. “Il nostro osservatorio ci ribadisce anche che per liberare pienamente il potenziale della transizione ecologica è urgente che le imprese strutturino maggiormente le proprie strategie interne e che il sistema Paese implementi una politica industriale per la sostenibilità più incisiva, con un quadro normativo più coerente con le reali esigenze delle imprese, semplice e snello, agevolando l’accesso ai fondi e riducendo le barriere burocratiche”, ha detto Giovanni Rosti, ceo di Haiki+.

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