Dl Fisco: stop all’addizionale del 10% su bonus e stock option per i dipendenti delle holding non finanziarie


Una mini-rivoluzione fiscale si profila per le società di partecipazione non finanziaria. Un emendamento riformulato al decreto legge Fisco, approvato in Commissione Finanze della Camera, cancella infatti l’addizionale del 10% sui compensi eccedenti erogati sotto forma di bonus e stock option. Fino ad oggi, per i lavoratori che percepivano componenti variabili della retribuzione superiori a tre volte la parte fissa, era previsto un prelievo aggiuntivo del 10%, introdotto con finalità redistributive e deterrenti rispetto agli eccessi remunerativi. L’emendamento – a firma di Marco Osnato (Fratelli d’Italia), presidente della Commissione Finanze – cancella questa misura per una platea specifica: i dipendenti delle holding non finanziarie, spesso soggette a dinamiche retributive peculiari, legate a performance e incentivazione.

Un cambio di passo pro-impresa

La misura è stata accolta con favore da molte realtà imprenditoriali, che negli ultimi anni hanno segnalato come la tassazione addizionale disincentivasse i meccanismi premianti, soprattutto per figure strategiche. Secondo alcune stime, il peso fiscale sui bonus e sulle stock option aveva contribuito a rendere meno attrattive le posizioni apicali nel settore delle partecipazioni non finanziarie, penalizzando la competitività delle imprese italiane rispetto agli standard europei. Con la nuova norma, invece, si apre una stagione più favorevole all’uso di strumenti di compensation variabile, in linea con le logiche internazionali. Se da un lato si punta a premiare il merito e legare più strettamente i compensi ai risultati aziendali, dall’altro si sollevano interrogativi sulla giustizia fiscale e sull’equità nella distribuzione delle risorse.

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Una mossa coerente con la linea del Governo

La scelta si inserisce nel solco delle politiche economiche dell’attuale Esecutivo, orientate a un alleggerimento della pressione fiscale sul lavoro e al sostegno della produttività aziendale. Già nei mesi scorsi il Governo aveva avviato un percorso di riforma delle imposte sul reddito da lavoro dipendente, puntando a rendere il sistema più favorevole per imprese e lavoratori ad alta qualificazione.

I nodi ancora aperti

Tuttavia, la norma non è esente da critiche. Alcuni economisti e opposizioni politiche segnalano il rischio di un effetto distorsivo, con la creazione di “zone franche” fiscali per categorie retributive già privilegiate. Inoltre, la misura esclude le società finanziarie, mantenendo un’asimmetria di trattamento che potrebbe sollevare profili di disparità. Per ora, la norma entrerà in vigore già dal periodo d’imposta 2025, ma non si esclude che il dibattito possa proseguire in Aula, dove la conversione del dl Fisco offrirà nuove occasioni di confronto.



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