Il documento è stato invato dal governo ai sindacati e poi illustrato dal ministro Urso durante l’incontro al Mimit: il piano prevede la costruzione di tre forni elettrici presso il sito di Taranto e un forno elettrico presso lo stabilimento di Genova. Cgil: “Nel piano mancano le cifre. Vogliamo capire da questo incontro se ci sono le garanzie sul piano occupazionale”
Una produzione di 8 milioni di tonnellate di acciaio all’anno è necessaria per garantire la continuità operativa dell’ex Ilva. Questo il contenuto della bozza del Piano di Decarbonizzazione inviato dal governo ai sindacati e poi illustrato dal ministro delle Imprese e del made in Italy Urso durante l’incontro al Mimit. “Al fine di garantire la continuità operativa di tutti i siti produttivi del Gruppo Acciaierie d’Italia, tutelare i livelli occupazionali e rispondere alle esigenze del mercato nazionale ed europeo – si legge nella bozza – è necessario garantire una produzione fino a 8 milioni di tonnellate annue di acciaio”.
Gli scenari
La bozza illustra due possibili scenari. In entrambi i casi, entro la fine del 2029 viene avviato il primo forno elettrico. L’opzione A prevede la realizzazione a Taranto di tre forni elettrici e quattro impianti di preriduzione, destinati a fornire la materia prima (Dri, direct reduced iron) necessaria alla produzione. Così facendo la transizione totale avverrebbe in 8 anni con realizzazione dei nuovi impianti entro il 2033. L’opzione B prevede invece solo i tre forni elettrici, senza gli impianti di preriduzione, che sarebbero costruiti altrove. In questo caso, la completa decarbonizzazione sarebbe in 7 anni e i nuovi impianti sarebbero realizzarti entro il 2032. In entrambi gli scenari sarebbe anche realizzata una nuova centrale elettrica a maggior rendimento per fornire energia non acquistata da rete esterna.
15/9 data indicativa per dissequestro Ato1
Nella bozza del piano anche la data indicativa per il dissequestro dell’altoforno Ato1: il 15 settembre potrebbe essere il giorno in cui vengono rimossi i sigilli dopo l’incendio di maggio, al fine di garantire il riavvio entro marzo 2026. Il testo indica un cronoprogramma per ripristino della marcia a tre altiforni a partire dalla fine del primo trimestre del prossimo anno dopo i lavori in tutti gli impianti.
Urso: “Da 1 agosto riapriremo gara fino a ottobre”
Durante l’incontro al Mimit, come riferisce l’Adnkronos, il ministro Urso avrebbe annunciato che dal 1° agosto il ministero delle Imprese e del Made in Italy riaprirà i termini della gara per l’acquisizione degli impianti dell’ex Ilva di Taranto per dare la possibilità di partecipare anche ad altri acquirenti alla luce delle “nuove condizioni”, relative al piano di decarbonizzazione e dell’accordo di programma. Il bando dovrebbe essere chiuso a ottobre, dopodiché bisognerà passare per l’antitrust e procedere con la normativa sul golden power, avrebbe spiegato il ministro, affermando che, se tutto dovesse procedere secondo i piani, l’iter si dovrebbe concludere all’inizio del 2026 con il definitivo passaggio al nuovo investitore.
Cgil: “Nel piano per l’ex Ilva mancano le cifre”
“Vogliamo capire da questo incontro se ci sono le garanzie sul piano occupazionale. Ci interesserebbe capire chi finanzia questo piano e riteniamo che ci debba essere un impegno sulla continuità produttiva, un impegno sulle questioni occupazionali e naturalmente un impegno rispetto anche alle questioni ambientali”. Lo afferma il il segretario confederale della Cgil, Pino Gesmundo, al suo arrivo al ministero delle Imprese per l’incontro sull’ex Ilva di Taranto. “Il ministero ci deve dire le risorse dove le prende. Mi pare di capire ancora una volta dai fondi di sviluppo e coesione. C’è bisogno di avere un piano chiaro, ci è stata inviata un’ora fa una proposta di piano industriale senza neppure una cifra, senza neppure un numero sul piano occupazionale. Dice tre forni qui e un forno lì, ma non dice quanta gente occupa e quanto costa”.
Emiliano: “Ipotesi accordo senza esprimersi su nave”
Per l’ex Ilva di Taranto “serve un certo quantitativo di gas e non è detto che debba per forza essere un rigassificatore. Potrebbe essere anche un’altra fonte. Una delle ipotesi è di chiudere l’accordo senza indicare qual è la fonte, ma qual è il fabbisogno che in un modo o in un’altro va assicurato alla fabbrica”, dice il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, al termine del tavolo al ministero delle Imprese. “È inutile litigare su una situazione, quella della nave, che non sappiamo neanche se sia possibile ormeggiarla, noi non abbiamo neanche questi elementi”, aggiunge.
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