Michela Andreolli (Arke): “La manifattura è un’eccellenza che cresce con l’impulso delle start up”


Dai colossi del digitale alla manifattura, con l’intenzione di aiutare un settore storico ed eccellente a risollevarsi. Ecco la missione di Michela Andreolli, 27 anni, fondatrice e ad di Arke, la start up che in meno di un anno ha trovato il modo di far parlare di sé grazie a un software che ambisce a rivoluzionare il modo di gestire un’azienda. E sarà tra i protagonisti, mercoledì al Museo del Risorgimento, della tappa torinese del tour “Repubblica Insieme”.

Andreolli, quale percorso l’ha condotta fino alla nascita di Arke?

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«Sono milanese di origine, ma nella mia carriera ho avuto la possibilità di lavorare in Europa in realtà come Amazon o Google. Se da un lato ho avuto la possibilità di vedere da vicino il potenziale che le nuove tecnologie portano con sé, dall’altro non ho potuto non notare anche il divario enorme che esiste tra questi livelli di innovazione e la quotidianità delle aziende, magari piccole e medie imprese, tipiche dei nostri territori. C’è ancora una grande distanza tra il potenziale e la sua reale applicazione».

Dieci persone, quartier generale a Milano, età media sui 35 anni: cosa c’è di torinese nella storia di Arke?

«Molto. La decisione di far nascere la start up l’ho maturata solo grazie all’insistenza di Diyala D’Aveni, che è alla guida di Vento e mi ha convinta a venire a Torino per realizzare il mio progetto. Era il 2023 e ho potuto conoscere la città, gli spazi all’interno delle Officine Grandi Riparazioni e la potenzialità del territorio. La prima volta che ho visto le Ogr solo rimasta davvero colpita: non sembrava nemmeno di essere in Italia. Ma Torino aveva già incrociato la mia strada prima».

Come mai?

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«Alcuni anni prima, ascoltando una trasmissione alla radio, ho deciso di chiamare in diretta e ho detto la mia nel corso di una discussione sui giovani e sul mondo del lavoro. Ho sottolineato che, secondo me, chi si affaccia sul mondo del lavoro deve innanzitutto dare, mettersi alla prova, per trovarsi poi nelle condizioni di ricevere e poter fare una scelta. Conclusa la telefonata, lo speaker ha detto in diretta che qualcuno aveva contattato la redazione e che voleva mettersi in contatto con me. Era David Avino, attuale ceo e fondatore di Argotec. Abbiamo fatto alcuni colloqui, alla fine non è stato possibile lavorare per lui, ma evidentemente Torino era nel mio destino».

Arke è nata nel 2024 e il primo round di investimento è stato chiuso a settembre. Quale tipo di proposta portate avanti?

«Partiamo dal punto di partenza che abbiamo osservato: attualmente, nel settore dei software utilizzati per gestire un’azienda manifatturiera, non esiste una via di mezzo tra i fogli Excel e i programmi che possono costare anche due milioni di euro. E, anche in questo caso, si tratta comunque di programmi nati negli anni Ottanta. Arke è invece un sistema operativo che permette di gestire acquisti, vendite, produzione, catalogo prodotti e inventario attraverso uno strumento intelligente e soprattutto proattivo, che permette di essere più produttivi e avere controllo in tempo reale su quello che succede in azienda. Il tutto grazie a parametri, ma anche alert».

Come un assistente virtuale?

«I sistemi che vengono attualmente utilizzati sono stati realizzati in un’epoca in cui non ci si preoccupava di reattività o proattività. I processi erano standard, mentre oggi l’imprevisto diventa quasi la normalità, tra problemi nella supply chain o emergenze di un cliente. Il nostro software inoltre è configurabile velocemente, in maniera quasi sartoriale sulla base delle esigenze delle singole aziende. Più che modulare, direi che è strutturato in maniera addirittura granulare».

Chi si sta rivolgendo a voi?

«Titolari di aziende manifatturiere che spaziano tra tessile, moda, chimico farmaceutica e agroalimentare, oppure direttori di produzione che devono fare scelte, ma non hanno i dati per prenderle in modo veloce. Anche i vari fondatori di brand made in Italy che vendono online, ma si appoggiano ad artigiani sul territorio e hanno difficoltà nella gestione dei processi».

Che messaggio darà, dal palco di “Repubblica Insieme”?

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Agricoltura

 

«Parlerò del fatto che c’è un’opportunità enorme nel fare start up in Italia e in Europa, ma solo se siamo bravi a capire il vantaggio competitivo che abbiamo nel mondo. Siamo ammirati a livello globale per la capacità della nostra manifattura: è qui che bisogna investire, c’è un potenziale enorme. Dobbiamo essere bravi a raccontarlo per attirare non solo capitali, ma anche giovani talenti. Solo così possiamo risollevare un settore fondamentale per il nostro territorio».



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