La Commissione europea ha dato il via libera alla riforma fiscale del Terzo Settore, rivoluzionato in Italia con l’introduzione del Cts e del Runts. Nella sua comfort letter, l’esecutivo Ue riconosce la natura non commerciale delle associazioni. Dall’anno prossimo entrerà quindi in vigore un regime fiscale ad hoc, pensato appositamente per le Aps, le organizzazioni di volontariato, le cooperative, le fondazioni e gli enti di carattere privato che operano nei settori cultura e welfare.
La notizia è stata accolta positivamente da Arci e Acli, le due principali realtà italiane dell’associazionismo culturale e della promozione sociale. Le norme fiscali oggetto di autorizzazione europea rappresentano un’autentica rivoluzione per migliaia di realtà grandi e piccole che agiscono come attività senza scopo di lucro. Tuttavia restano ancora aperte le questioni dell’esenzione Iva e dell’attrazione per le attività rivolte ai soci delle associazioni, sulle quali il governo sarà costretto a prendere una decisione definitiva.
In questo articolo:
- Cosa prevede la riforma fiscale del Terzo Settore
- Il commento del governo e la richiesta di Arci e Acli
Cosa prevede la riforma fiscale del Terzo Settore
Il nuovo regime fiscale in favore del Terzo Settore, parte della riforma varata con il Decreto legislativo n. 117 del 3 luglio 2017, entrerà in vigore dal 1° gennaio 2026, in seguito al semaforo verde ricevuto dalla DG Competition, la direzione generale della Commissione europea che si occupa di aiuti di Stato e concorrenza. Questo significa che gli enti che hanno mantenuto la qualifica di Onlus avranno tempo fino al 31 marzo per adeguare i propri statuti, scegliendo tra Ets o impresa sociale e iscrivendosi al Runts, pena l’obbligo di devolvere il patrimonio accumulato ad un’altra Onlus.
La riforma fiscale introduce innanzitutto la defiscalizzazione degli utili che sono destinati allo svolgimento dell’attività statutaria o all’incremento del patrimonio. Gli Ets che perseguono attività di interesse generale hanno un status non commerciale, per cui quelli iscritti al Runts possono optare per un regime fiscale forfettario per le attività commerciali accessorie. Nel loro caso, i ricavi non devono superare di oltre il 6% i relativi costi per ciascun periodo d’imposta e per non oltre tre periodi d’imposta consecutivi. Il mancato rispetto di questo parametro cambia la definizione dell’ente che altrimenti diventa commerciale, con uno specifico regime forfettario.
Le imprese sociali sono invece esentate dalla tassazione sul reddito, soltanto a condizione che i loro proventi siano destinati a riserve vincolate legalmente alla realizzazione di attività di interesse generale. L’esenzione è per gli utili destinati alle attività statutarie o all’incremento del patrimonio, se iscritti a riserva. Viceversa, tutte le altre tipologie di utili sono soggette alle ordinarie norme fiscali sul reddito. Quanto alla deduzione Irap per il personale assunto a tempo indeterminato, le imprese sociali ne hanno diritto, a differenza degli Ets non commerciali.
Nella riforma è inserito il lancio di nuovi strumenti di finanza sociale come i titoli di solidarietà, obbligazioni presto disponibili che garantiranno agli investitori lo stesso trattamento fiscale riservato ai titoli di Stato con l’applicazione dell’aliquota del 12,5%. In aggiunta, sono previsti specifici incentivi per gli investimenti in imprese sociali sotto forma di detrazioni e deduzioni fiscali, con l’obiettivo di ampliare le opportunità di finanziamento per le associazioni e gli enti del Terzo Settore. Ma sull’accesso agevolato al capitale di rischio e al capitale di debito manca ancora l’approvazione definitiva da parte della Commissione. Il funzionamento di questi strumenti sarà specificato nella stesura delle future circolari interpretative e si attende un intervento dell’Agenzia delle Entrate per chiarire la fiscalità diretta degli Ets.
Il commento del governo e la richiesta di Arci e Acli
“Un traguardo atteso da anni, frutto di un lungo e intenso lavoro di questo governo e di un costante confronto tra il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e Bruxelles – sottolinea la ministra del Lavoro e delle Politiche sociali Marina Calderone commentando il via libera della Commissione –. Questo risultato rappresenta una svolta decisiva, ci permette finalmente di dare certezze e stabilità agli Ets e piena attuazione al Codice del Terzo Settore”.
“La Commissione europea, stante le caratteristiche e unicità del Terzo Settore italiano e quanto rappresentato ampiamente dal nostro governo, constata che le agevolazioni fiscali degli Ets non si configurano come aiuti di Stato, poiché perseguono attività di interesse generale con finalità di pubblica utilità – aggiunge Maria Teresa Bellucci, la viceministra con delega al Terzo Settore –. Questo non solo rafforza il ruolo del Terzo Settore, ma è anche un chiaro riconoscimento dell’inestimabile valore del lavoro di questi enti, milioni di donne e uomini che animano il mondo della solidarietà sociale in Italia”.
“Con l’approvazione Ue la riforma arriva finalmente a compimento e nel farlo sancisce e rafforza il riconoscimento del profilo innanzitutto non commerciale delle associazioni del Terzo Settore e delle loro attività sociali, a differenza di altri enti non profit – fanno sapere Arci e Acli in un comunicato congiunto –. Un riconoscimento e una distinzione che permettono di affrontare con più e migliore attenzione l’urgenza ancora non risolta di tornare all’esclusione Iva per le attività rivolte ai soci delle associazioni di Terzo Settore”.
Il Cts ha introdotto l’esenzione dell’Iva per gli Ets non commerciali. L’aliquota ordinaria del 22%, invece, si applica solo quando le attività assistenziali sono fornite da Ets commerciali e da imprese sociali. Il Forum nazionale del Terzo Settore chiede da tempo che questa norma venga modificata, con l’estensione dell’esenzione a tutti gli Ets commerciali e non, e che venga chiarita la questione Iva per le prestazioni rese ai soci. “La mancata risoluzione di questo nodo – concludono Arci e Acli – comprometterebbe gli effetti positivi derivanti dall’autorizzazione europea, esponendo molte associazioni, soprattutto quelle più piccole o che operano autonomamente in contesti di fragilità, a concreti rischi per il loro futuro. Ora a maggior ragione è irrimandabile la definitiva chiusura di questo passaggio”.
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