Nel settore dei pubblici esercizi cresce l’allarme per la diffusione dei cosiddetti contratti “pirata”, ovvero accordi collettivi alternativi a quelli sottoscritti dalle principali sigle sindacali, che prevedono condizioni economiche e normative peggiorative per i lavoratori. La denuncia arriva da Fipe Confcommercio Veneto e Verona, che segnala un fenomeno in espansione anche sul territorio scaligero, con effetti distorsivi sul mercato del lavoro e sulla concorrenza tra imprese.
A lanciare il grido d’allarme sono il presidente di Fipe Confcommercio Veneto e Verona, Paolo Artelio, e il direttore generale di Confcommercio Verona, Nicola Dal Dosso, preoccupati per una situazione che rischia di diventare strutturale.
“Il Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro dei pubblici esercizi, rinnovato nel 2024 e sottoscritto da Fipe Confcommercio, rimane il più applicato nel settore, con oltre il 92% di adesioni – sottolineano Artelio e Dal Dosso – ma la proliferazione di contratti meno onerosi per le imprese genera una concorrenza sleale e mina la qualità complessiva dell’occupazione”.
Il dumping contrattuale produce un effetto a catena: peggiora le condizioni lavorative, abbassa i salari e incide negativamente sul potere d’acquisto, riducendo la capacità di spesa delle famiglie e compromettendo la tenuta sociale ed economica del territorio. Non solo: i contratti minori spesso non prevedono né percorsi formativi né misure di welfare, privando i lavoratori di strumenti fondamentali per la crescita professionale e per la sicurezza sociale.
Secondo i dati del CNEL, su circa 1.000 contratti collettivi registrati, più di 250 riguardano il terziario, ma solo una quarantina risultano effettivamente applicati. Di questi, appena 18 sono firmati da Cgil, Cisl e Uil. Il resto comprende contratti che generano un divario retributivo annuo lordo tra i 3.000 e gli 8.000 euro, con gravi conseguenze anche sul fronte contributivo: un lavoratore su sette rischia di trovarsi privo di adeguata copertura previdenziale, di assistenza sanitaria integrativa e di altri diritti essenziali.
Per fornire uno strumento pratico a imprese, consulenti, istituzioni e organi di controllo, Fipe Confcommercio ha pubblicato – in collaborazione con Adapt e con il sostegno dell’Ente Bilaterale Nazionale del Turismo – la seconda edizione del Manuale sul dumping contrattuale nei pubblici esercizi. Il volume offre indicazioni operative per riconoscere i contratti non rappresentativi e per valutare gli impatti concreti in termini di tutele e retribuzioni.
“L’obiettivo è promuovere una cultura della legalità nei rapporti di lavoro – dichiarano Artelio e Dal Dosso –. Applicare un contratto collettivo ufficiale è oggi imprescindibile, soprattutto in un settore come bar e ristorazione, dove la qualità del servizio dipende dalla professionalità e dalla motivazione dei dipendenti”.
Oltre al rischio di sanzioni, le imprese che scelgono contratti pirata compromettono la fidelizzazione del personale, un aspetto particolarmente critico in un momento storico in cui la ricerca di risorse umane qualificate è sempre più complessa. La normativa vigente, come ricorda l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, prevede infatti che le aziende che non applicano contratti collettivi comparativamente più rappresentativi non possano accedere a benefici normativi e contributivi (art. 1, comma 1175, legge 296/2006).
In questo contesto, Confcommercio Verona e Fipe Confcommercio Verona ribadiscono il proprio impegno a collaborare con l’Inps, l’Ispettorato del lavoro e gli enti preposti ai controlli per tutelare le imprese corrette e contrastare le pratiche scorrette.“Un sistema equo e trasparente – concludono Artelio e Dal Dosso – è la base per garantire qualità al settore e dignità al lavoro”.
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