Roche in Italia: impatto economico e occupazionale da 712 milioni


L’impatto economico di Roche in Italia è stato quantificato in 712,5 milioni di euro, pari allo 0,03% del Pil nazionale. I dati emergono dal primo studio dedicato all’effetto moltiplicatore generato dall’azienda, presentato all’Ambasciata di Svizzera a Roma. L’evento di presentazione ha coinvolto istituzioni e stakeholder, tra cui Roberto Balzaretti, Ambasciatore di Svizzera, e i manager di Roche Stefanos Tsamousis e Burçak Çelik. L’analisi, eseguita con il supporto metodologico di Pwc Italia, ha valutato il contributo di Roche in quattro ambiti: economia, occupazione, ricerca e ambiente. Per ogni euro di valore aggiunto diretto prodotto dall’azienda, ne sono stati generati 2,6 nell’economia italiana, grazie all’attivazione di una filiera che coinvolge 51 settori, con una prevalenza di piccole e medie imprese (78%).

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La ricerca come motore di sostenibilità per il Ssn

Gli investimenti in ricerca clinica rappresentano uno dei pilastri del contributo di Roche al sistema Paese. Nel 2023, l’azienda ha sponsorizzato 174 studi clinici, coinvolgendo 13.441 pazienti e generando un risparmio stimato di 165,6 milioni di euro per il Servizio Sanitario nazionale. Ogni euro investito da Roche in sperimentazione ha prodotto un ritorno di 2,93 euro per il Ssn, con un risparmio medio di 37.920 euro per paziente arruolato. L’impatto si estende anche ai programmi di uso compassionevole: tra il 2015 e il 2022, 14 iniziative hanno garantito accesso anticipato a terapie per 3.485 pazienti, con un risparmio complessivo di 61 milioni rispetto ai costi delle terapie standard.

Occupazione qualificata e transizione ecologica

Sul fronte occupazionale, Roche impiega direttamente 1.038 lavoratori, con una ricaduta indiretta su 3.402 unità lavorative equivalenti. Il 52% della forza lavoro è femminile, il 77% è laureato e il 34% ha meno di 40 anni, dati superiori alle medie nazionali. L’azienda ha inoltre ridotto del 28% i consumi energetici tra il 2019 e il 2023, adottando il 100% di energia rinnovabile e tagliando del 41% le emissioni di gas serra. Progetti come il Bosco Roche a Monza (400 alberi autoctoni) e l’elettrificazione della flotta aziendale confermano l’impegno verso modelli circolari.

Necessario ambiente realmente favorevole all’innovazione

Stefanos Tsamousis, General Manager Roche Spa, ha spiegato che «per continuare ad alimentare l’effetto moltiplicatore degli investimenti del biotech e il valore aggiunto che generano per il Paese, è fondamentale disporre di un ambiente realmente favorevole all’innovazione. In questo senso, sosteniamo la proposta del ministro della Salute, Schillaci, di rivedere il sistema del payback, perché crediamo che strumenti come questo, pur rispondendo a specifiche esigenze di breve termine, finiscono per limitare il pieno sviluppo del settore nonché rappresentare una risorsa sottratta a potenziali investimenti in ricerca, crescita e occupazione qualificata, in un momento storico in cui è essenziale agire per la competitività internazionale dell’Italia e dell’Europa. Non dimentichiamo, però, che l’impatto principale che generiamo è sulla salute dei pazienti – ne abbiamo raggiunti circa 75mila solo lo scorso anno – un risultato che si riverbera positivamente anche sui caregiver e in definitiva sulla collettività».

Diagnostica “bussola che guida l’intero percorso del paziente”

Secondo Burçak Çelik, General Manager Roche Diagnostics Spa, «la diagnostica, in particolare quella in vitro, svolge un ruolo fondamentale per affrontare le sfide sanitarie attuali e future. È la bussola che guida l’intero percorso del paziente: dalla prevenzione alla diagnosi precoce, dalla scelta terapeutica al monitoraggio dei trattamenti. Influenzando circa il 70% di tutte le decisioni cliniche, il suo impatto sulla salute delle persone è enorme. Eppure, il suo valore oggi sembra ancora essere poco riconosciuto se si considerano gli esigui investimenti dedicati ad essa. È tempo di riconoscere il suo ruolo di abilitatore di un sistema sanitario più sostenibile e resiliente, capace di evolvere da un modello reattivo di “cura” a uno proattivo, che privilegia la capacità di “prevedere”, “intervenire precocemente” e “personalizzare” le cure per un futuro più sano».

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