Cresce la richiesta di figure capaci di utilizzare l’Intelligenza artificiale. E’ quanto emerge analizzando le offerte di lavoro che richiedono competenze AI. I dati sono da boom: le offerte sono cresciute dell’80% in soli sei anni (2019-2025). Lo riporta un’elaborazione del portale statistico Our World in Data basata sul recente “Lightcast via AI Index Report”. L’indagine ha considerato gli annunci di lavoro come correlati all’Intelligenza artificiale quando questi prevedevano una o più competenze legate all’AI, come, per esempio, l’elaborazione del linguaggio naturale, le reti neurali, l’apprendimento automatico o la robotica.La quota generale di ricerche di personale con competenze AI sono così passate, sempre in ambito italiano, dallo 0,5% del 2019 allo 0,9% di inizio 2025. Negli Stati Uniti la percentuale è invece dell’1,8%, con una crescita del 200% nell’ultimo decennio, dato che lascia presagire un’ulteriore e forte crescita anche in Italia.
Le nuove professionalità
La rivoluzione dell’Intelligenza artificiale, nelle aziende, sta quindi creando nuove professionalità e, nel contempo, trasformando profondamente quelle esistenti. Tra le competenze richieste, però, non ci sono più solo quelle tecniche o analitiche, ma anche etiche. A rivelarlo è uno studio pubblicato dall’Università di San Diego, che ha recentemente analizzato come alcuni effetti si stiano già facendo sentire sulle organizzazioni aziendali. Per le imprese, ma anche per i professionisti, la trasformazione non è, quindi, solo tecnologica, ma anche e per l’appunto culturale. L’upskilling e il reskilling delle risorse umane diventano, allora, una necessità, soprattutto poiché, stando ai dati più recenti, meno di un italiano su due (il 46%), tra i 16 e i 74 anni, possiede competenze digitali di base, contro una media europea superiore del 10% (56%). La vera sfida, anche per le Pmi che costituiscono l’ossatura dell’economia italiana, sarà quella di riuscire ad accompagnare i lavoratori in questo processo, garantendo un aggiornamento formativo continuo e flessibile.
Il gap delle imprese italiane
In tale contesto, le imprese italiane sono alla ricerca dei migliori strumenti per garantire al personale già assunto la formazione continua necessaria e l’alleanza con enti formativi e istituzioni può rappresentare un fattore chiave. Ne sono convinti gli esperti di Progetto Impresa, società italiana che da anni opera nel campo della formazione finanziata e della consulenza per la trasformazione digitale e oggi inclusa nella prestigiosa classifica “FT1000 Europe’s Fastest-Growing Companies” del Financial Times.
«In un momento in cui l’intelligenza artificiale sta ridefinendo il concetto stesso di lavoro, è fondamentale non farsi trovare impreparati – spiega Sebastiano Gadaleta, founder e direttore generale di Progetto Impresa – Le nostre imprese devono capire che la formazione non è un costo, ma un investimento. A richiederla, peraltro, non è solo il mercato, ma sono gli stessi lavoratori, che sentono di averne bisogno per rimanere competitivi. E grazie ai fondi pubblici disponibili, questo investimento può essere sostenuto senza pesare sul bilancio e, allo stesso tempo, può essere oggi erogato con modalità che evitano di sottrarre tempo prezioso all’operatività quotidiana. Soprattutto per le Pmi è centrale la finanza agevolata. Per potervi accedere, però, è necessario che le aziende si affianchino a partner consulenziali che si occupino di individuare il bando più adatto, redigere il progetto formativo, gestire la burocrazia e monitorare l’intero processo fino all’erogazione dei corsi. In questo modo, le imprese possono concentrarsi sul proprio core business, senza rinunciare all’innovazione».
Le dieci figure più richieste
Al primo posto della classifica c’è l’AI Engineer, figura che progetta e sviluppa sistemi intelligenti capaci di apprendere e adattarsi. Al secondo posto si piazza il Machine Learning Engineer: specializzato nella creazione di algoritmi che permettono alle macchine di apprendere dai dati. In terza posizione c’è il Data Scientist: analizza grandi quantità di dati per estrarre informazioni utili e supportare decisioni strategiche. In quarta posizione della classifica dei profili più richiesti in ambito AI emerge l’AI Ethic Specialist: si occupa delle implicazioni etiche e legali dell’uso dell’intelligenza artificiale.
In quinta posizione c’è il Prompt Engineer: ottimizza le interazioni tra utenti e modelli linguistici avanzati, come i chatbot. Al sesto posto si colloca il Responsabile dei contenuti generati dall’IA: supervisiona la creazione di contenuti da parte di sistemi intelligenti, garantendone qualità e coerenza anche valoriale. Compare nella classifica in settima posizione, l’AI Product Manager: guida lo sviluppo di prodotti basati su intelligenza artificiale, coordinando team multidisciplinari. All’ottavo posto delle figure più ricercate c’è l’AI Solutions Architect: progetta l’integrazione di sistemi intelligenti all’interno delle infrastrutture aziendali. Al nono posto c’è il Robotic Automation Specialist: implementa soluzioni robotiche intelligenti nei processi produttivi.
E infine in decima posizione si piazza il Chief AI Officer (CAIO): dirigente responsabile della strategia aziendale in ambito intelligenza artificiale.
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