Il nuovo Concordato Preventivo Biennale si apre alla possibilità di “sanare” il passato, ma sorge un interrogativo: si tratta davvero di una definizione anticipata del rapporto con il fisco o si sta percorrendo una strada diversa? Un’analisi che solleva più di una riflessione.
Articolo tratto da Blast – Quotidiano di Diritto Economia Fisco e Tecnologia, direttore Dario Deotto
Dunque, come avevamo su Blast, pare oramai (quasi) certo che anche all’edizione 2025/2026 del Concordato Preventivo Biennale verrà associata la possibilità di una sanatoria – sostanzialmente una copertura dagli accertamenti, non definiamola, per favore, ravvedimento, né tantomeno speciale – per quanto concerne il passato.
Non a caso, nelle settimane scorse qualche lettore aveva chiesto informazioni a Blast circa la possibilità che anche per la nuova edizione del concordato ci potesse essere la possibilità di avvalersi di una “copertura” per le annualità pregresse.
Ma non solo. Come avevamo pronosticato in passato su altre testate, si prospetta anche la possibilità di “ravvedersi” per il periodo d’imposta 2023 per coloro che hanno fruito del concordato cosiddetto “preventivo” 2024/2025.
Quanto sopra risulta da alcuni emendamenti presentati al recente Dl fiscale dal presidente della Commissione finanze alla Camera – “collega di partito” del viceministro Leo –, per cui l’esito appare quasi scontato.
C’è da chiedersi, a questo punto, se è ragionevole continuare a sostenere che con questa riforma fiscale si registra un cambio di paradigma in relazione al rapporto tra contribuente e amministrazione finanziaria, nel senso che si passerebbe – per mutuare lo “slogan” che viene spesso utilizzato dai sostenitori di questo (presunto) nuovo paradigma – da una definizione ex post ad una ex ante rispetto all’adempimento dichiarativo.
In realtà, se si guarda al concordato, sfugge questo mutamento: intanto perché si tratta di una sorta di automatismo (prendere o lasciare) e poi perché non vi è – contrariamente a quanto prevede la legge delega di riforma fiscale – alcun contraddittorio preventivo, tantomeno “semplificato”, ma, soprattutto, la sensazione è che molti di coloro che vi hanno aderito lo hanno fatto soprattutto per definire il passato. E così avverrà – in numerosi casi – per il concordato 2025/26. Quindi, francamente, non riusciamo ad individuare alcun cambio di impostazione.
Quanto all’altro istituto su cui si fonderebbe il mutamento di paradigma (adempimento collaborativo e Tcf facoltativo), le perplessità sono molte, soprattutto per i soggetti che non hanno i parametri per entrare nell’adempimento collaborativo (per il quale, invece, si può legittimamente parlare di una definizione ex ante, soprattutto per le vicende interpretative) e possono fruire del Tcf facoltativo: per ora la sensazione è che si voglia più creare un certo “business” che consentire effettivi benefici per le imprese.
Tornando al concordato, c’è anche un altro aspetto sul quale preme fare qualche sottolineatura. Nella recente circolare 9/E è stata riproposto il “motivetto” che nei confronti dei contribuenti che non aderiranno all’istituto verrà intensificata l’attività di controllo. Questo per effetto della previsione dell’articolo 34 del Dlgs 13/2024, in base alla quale viene stabilito che Entrate e Guardia di Finanza programmano l’impiego di maggiore capacità operativa nei confronti dei soggetti che non aderiscono al concordato preventivo.
Si tratta della solita previsione che è stata inserita nel tempo in tutte le forme condonistiche, definitorie o pseudo-tali, per fare in modo che i contribuenti accedano a tali istituti. Che si tratti di una previsione più “psicologica” è confermato dall’articolo 6, comma 8, del Dm 14 giugno 2024, il quale dispone espressamente che:
“la mancata accettazione della proposta non produce alcuna conseguenza negativa automatica a carico degli interessati, con particolare riferimento alla valutazione del loro livello di affidabilità fiscale che, ai fini dell’attuazione dell’art. 34 del decreto legislativo, resta subordinata a specifiche attività di analisi del rischio”.
Si noti che quest’ultima previsione è stata confermata anche dal Dm 28 aprile 2025 (attuativo della nuova edizione del concordato), il cui articolo 6 demanda completamente all’articolo 6 del vecchio Dm del 14 giugno 2024.
Si smetta quindi di “sponsorizzare” incautamente un istituto (il concordato), soprattutto con motivazioni, diciamo, fastidiose, che, oltretutto, si sta rivelando sempre più inviso ad un’ampia fascia di contribuenti (e consulenti). Senza tenere conto che – lo si ribadisce – di una vera e propria definizione ex ante non c’è davvero traccia.
Per un ulteriore approfondimento su questo tema, Ti suggeriamo anche un altro articolo pubblicato su Blast: Un ravvedimento che è sempre meno “speciale”
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Dario Deotto per Blast
Giovedì 10 luglio 2025
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