FESR e IA: fondi europei per l’innovazione delle PMI italiane


Nel contesto della programmazione di medio-lungo periodo dei fondi di coesione dell’Unione europea un ruolo particolarmente rilevante è rivestito dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), strumento fondamentale per procedere, tra l’altro, verso una maggior omogeneità regionale nell’ambito delle tecnologie avanzate. Coerentemente con la programmazione europea, le regioni italiane si sono dotate di appositi piani attraverso cui pianificare e gestire gli stanziamenti offerti.

Obiettivi e priorità del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR)

Nell’ampia cornice delle politiche di coesione in ambito comunitario, un ruolo centrale è riconosciuto in capo al FESR. Quest’ultimo è funzionale a correggere i principali squilibri a livello regionale tramite il sostegno all’adeguamento strutturale delle regioni in ritardo, nonché alla riconversione delle aree industriali in difficoltà. Tutto ciò nella più ampia ottica di raggiungimento di due obiettivi che da sempre rappresentano delle priorità per l’Unione Europea: da un lato, il rafforzamento del mercato del lavoro e delle economie regionali, dall’altro, il consolidamento della cooperazione all’interno e tra i territori dell’UE.

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Gli obiettivi strategici prioritari (OS) per il ciclo 2021-2027, da promuovere in sinergia grazie ai fondi europei a disposizione sono i seguenti:

  • Trasformazione economica innovativa e intelligente;
  • Un’Europa più verde e a basse emissioni di carbonio;
  • Mobilità e connettività regionale alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione;
  • Un’Europa più sociale nel rispetto del pilastro europeo dei diritti sociali;
  • Sviluppo sostenibile e integrato delle aree urbane, rurali e costiere.

Nel complesso, per il periodo 2021-2027 il FESR risulta destinatario di 226 miliardi di euro dei 392 complessivi dedicati alla politica di coesione UE.

Iniziative regionali in Italia e l’influenza del FESR

Coerentemente con la pianificazione attuata a livello centrale da parte dell’UE, come anticipato, le regioni italiane si sono dotate di appositi piani regionali (PR), funzionali ad esplicitare gli obiettivi dei fondi associati al FESR, oltre che ad assicurarne una corretta gestione. Di seguito, saranno descritte due iniziative per ciascuna zona della Penisola (Nord, Centro e Sud), al fine di fornire una panoramica sullo stato dell’arte circa l’utilizzo dei fondi FESR, con particolare attenzione per quelli indirizzati verso la diffusione delle tecnologie digitali.

Strategie regionali del Nord Italia per l’implementazione FESR

Tra le regioni del Nord che hanno stanziato maggiori risorse in questo contesto c’è la Lombardia. Particolare enfasi nel rispettivo PR FESR è stata posta sulla c.d. transizione gemella digitale-green, articolata su tre linee strategiche fondamentali quali: 1. tecnologie digitali e deep tech; 2. tecnologie pulite ed efficienti dal punto di vista delle risorse; 3. Biotecnologie.

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Lo sforzo finanziario messo in campo, pari a circa due miliardi di euro, è tutt’altro che trascurabile, anche considerando che vi è stato un raddoppio rispetto ai 970 milioni relativi al precedente ciclo di programmazione (2014-2020). Peraltro, a testimonianza dell’attenzione posta sul tema del digitale, il 50% della dotazione 2021-2027 è stata destinata alla promozione dell’obiettivo strategico denominato “Un’Europa più competitiva ed intelligente” (OS 1).

Si pone sulla stessa scia la strategia lanciata dal PR FESR dell’Emilia-Romagna, con poco più di un miliardo di euro di risorse a disposizione. La pianificazione è articolata a livello orizzontale sulla base di cinque priorità strategiche, tra le quali è posta particolare rilevanza alla ricerca, all’innovazione ed alla competitività, oltre che agli investimenti per le tecnologie strategiche nei settori delle tecnologie digitali e biotech. Proprio in questo contesto si inserisce il finanziamento di 7 progetti basati sull’IA, che ha destinato risorse per 1,6 milioni di euro per il bando “Progetti strategici di innovazione per le filiere produttive”. In tal senso, particolare enfasi è stata conferita alla realizzazione di laboratori attrezzati con le principali tecnologie industriali, nonché all’inaugurazione di progetti pilota sulla diffusione di tecnologie IA avanzate sul territorio.

Strategie regionali del Centro Italia per l’implementazione FESR

Sempre in riferimento ai fondi FESR, tra le regioni del Centro si possono annoverare il Lazio e la Toscana. Il PR del Lazio specifica la piena convergenza tra scenari e strategie territoriali con quelle promosse in ambito europeo tramite l’Agenda Digitale 2030, il Next Generation EU ed il Green New Deal. Dell’ammontare totale delle risorse, pari a 1,8 miliardi di euro, ben il 91% è destinato al potenziamento delle attività di ricerca, sviluppo e trasferimento tecnologico, oltre che a promuovere misure per la competitività del sistema imprenditoriale regionale.

La Toscana prevede invece investimenti per un ammontare pari a 1,2 miliardi di euro per rispondere alle principali sfide relative alla quarta rivoluzione industriale. In particolare, si prevede di perseguire la crescita intelligente mediante il rafforzamento della capacità di ricerca ed innovazione, il potenziamento della competitività delle PMI, oltre che il sostegno alla digitalizzazione con particolare riferimento ai servizi offerti dalla PA.

Strategie regionali del Sud Italia per l’implementazione FESR

Anche nel Mezzogiorno le regioni si stanno dimostrando particolarmente dinamiche nel cogliere le opportunità offerte dalle risorse stanziate dall’UE nell’ambito del FESR. Ad esempio, la Campania ha dichiarato quale priorità quella di migliorare l’attrattività del territorio, oltre che intensificare l’attività in termini di R&S nelle tecnologie avanzate, oltre a favorire un rapido e completo aggiornamento delle competenze in ambito digitale da parte delle imprese. Detto aspetto è particolarmente marcato anche nel PR FESR presentato dalla Puglia, che ha dichiarato, parallelamente all’obiettivo strategico dell’innovazione tecnologica, ambientale e sociale, l’assoluta priorità che nessuno sia lasciato indietro, con particolare riferimento a giovani, donne e migranti.

Benefici attesi dall’adozione dell’IA grazie al FESR: lo studio I-COM

Gli ultimi dati ISTAT sull’utilizzo delle tecnologie ICT consentono di osservare come una maggiore diffusione delle tecnologie IA tra le imprese italiane sia frenata soprattutto dagli ampi gap di adozione tra quelle di piccole dimensioni (percentuali rispettivamente del 6,9%, del 14% e del 15,9% per quelle nella fascia 10-49, 50-99 e 100-249 addetti) e le grandi aziende (valore del 32,5% in riferimento a quelle con 250 dipendenti ed oltre).

Nonostante ciò, si attendono importanti sviluppi nel prossimo futuro in relazione alla capacità del tessuto industriale italiano di cogliere le innumerevoli potenzialità offerte dall’IA. Infatti, se nel periodo 2021-2024 solamente il 5% delle imprese ha effettuato investimenti in intelligenza artificiale, per il biennio 2025-2026 il 20% ha programmato piani di spesa per adottare le tecnologie correlate all’IA o eventualmente per rafforzarne l’utilizzo, facendo figurare l’Italia secondo i dati riportati dalla Stanford University per la prima volta tra i primi 15 Paesi in tale aspetto.

In questo contesto, lo studio “L’impresa dell’IA. Come le PMI italiane possono diventare più competitive grazie all’intelligenza artificiale” dell’Istituto per la Competitività (I-Com), svolto in collaborazione con TeamSystem contribuisce alla letteratura scientifica domandandosi quali impatti in termini di ricavi aggiuntivi è possibile aspettarsi nel medio-lungo periodo dall’adozione su vasta scala dell’intelligenza artificiale.

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A tal fine sono utilizzati microdati Istat derivanti dall’ultima rilevazione sulle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT). Questi ultimi contengono informazioni su circa 18 mila imprese italiane con almeno 10 dipendenti ed abbracciano un vasto range di tematiche inerenti alla digitalizzazione, dalla connessione ed utilizzo di internet, alle vendite attraverso reti informatiche, alle competenze informatiche, fino ad arrivare ad una sezione interamente dedicata all’utilizzo di tecnologie di intelligenza artificiale.

I risultati dell’analisi econometrica dimostrano il ruolo di assoluta centralità che l’IA gioca nel determinare la competitività economica delle imprese. Difatti, essa contribuisce a un aumento del fatturato pari al 12%. Tutto ciò conduce alla conclusione per cui se l’Italia riuscisse a raggiungere il target europeo del 60% sull’adozione dell’IA verrebbero generati potenzialmente ricavi aggiuntivi per circa 1.299 miliardi di euro.

Tuttavia, come già accennato, in Italia ben il 91,8% delle imprese non ha ancora adottato alcuna tecnologia di intelligenza artificiale, rendendo molto difficoltoso per il tessuto industriale nazionale beneficiare di questo importante impatto economico in una prospettiva di medio-breve periodo. In questa ottica, la previsione contenuta in un altro studio I-Com è che il raggiungimento del target europeo sull’IA avverrà solamente nel 2045, portando alla conclusione per cui la quota aggiuntiva di ricavi sarebbe da distribuire in un arco ventennale.

Indagine sulle PMI italiane e adozione dell’intelligenza artificiale

Peraltro, una parte rilevante dello studio un’indagine campionaria per comprendere lo stato della domanda di servizi tecnologici basati sull’IA per il business in Italia, che è stata realizzata con il supporto di Piccola Industria (Confindustria) – a cui hanno partecipato 156 imprese di piccole e medie dimensioni stabilite in 16 regioni differenti – con l’obiettivo di analizzare la diffusione di soluzioni IA all’interno delle PMI italiane. Innanzitutto, si è evidenziato che un terzo delle aziende intervistate utilizza già soluzioni di IA, mentre un ulteriore 30,6% ne sta pianificando l’introduzione entro i prossimi 12 mesi. Diversamente, il 28,6% non utilizza tali tecnologie e non ha intenzione di farlo nel prossimo futuro.

Per di più, è emerso in maniera chiarissima un evidente gap di informazione e competenze come limite principale all’adozione dell’IA. Basti pensare che il 67,4% ha indicato nelle competenze l’ostacolo principale da superare, seguito a grande distanza dalla resistenza al cambiamento (34,8%).

Simili risultanze palesano quanto sia cruciale stimolare, anche per il tramite dei fondi europei a disposizione, l’adozione di tecnologie che integrano funzionalità di intelligenza artificiale, partendo da un assunto fondamentale: le competenze giocano un ruolo di primo piano nella diffusione delle tecnologie abilitanti e dell’IA nelle imprese. Sul punto, dalle risposte ricevute è emerso chiaramente questo aspetto, nonostante solo il 12,4% della totalità dei partecipanti all’indagine ha già attivato corsi di formazione sull’argomento. Un segnale positivo viene però dal fatto che il 62% degli stessi ha in programma di attivare corsi sull’IA nel prossimo futuro.

Altro aspetto interessante su cui si è focalizzata l’indagine riguarda quali politiche pubbliche possono risultare più efficaci per rafforzare le competenze in ambito IA. Le due opzioni maggiormente scelte dai rispondenti sono “incentivi fiscali per le aziende che investono in formazione sull’IA” e “programmi di formazione e aggiornamento professionale finanziati dal governo”. Da queste risposte emerge chiaramente come il contributo finanziario pubblico possa risultare determinante nella diffusione delle competenze in quest’ambito, soprattutto per le PMI.

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Politiche pubbliche efficaci per lo sviluppo delle competenze IA

In definitiva, appare quanto mai urgente che si promuovano e adottino tutte le misure utili a rafforzare l’ecosistema digitale a livello nazionale, ad esempio per il tramite di forme di finanziamento pubblico come i fondi europei di coesione, che supportino efficacemente l’accrescimento delle competenze necessarie per una più ampia diffusione delle tecnologie avanzate nel tessuto imprenditoriale del nostro Paese. Fra l’altro, ciò può contribuire in modo significativo a ridurre l’impatto del divario di competenze digitali sulla produttività del lavoro. Il supporto dell’IA, infatti, può rendere più accessibili le tecnologie di frontiera anche a una vasta platea di lavoratori, specialmente in un Paese come l’Italia, dove la digitalizzazione della forza lavoro risulta ancora carente. Tuttavia, tali benefici potranno manifestarsi pienamente solo se accompagnati da un’adeguata formazione, che permetta un uso consapevole e competente di queste tecnologie. In particolare, è necessario fornire alle imprese più piccole un orientamento chiaro per investire in modo informato, a partire proprio dall’intelligenza artificiale, essendo quest’ultima la tecnologia abilitante più rilevante dei nostri tempi, nonché elemento imprescindibile nell’evoluzione e nei progressi della produttività e competitività delle imprese.



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