Opyn, solo un’azienda su quattro usa l’IA per valutare i clienti


Solo il 27% delle medie e grandi imprese italiane impiega l’intelligenza artificiale nella valutazione del merito creditizio dei clienti. È quanto emerge da una ricerca sull’utilizzo dell’AI nei processi di gestione del credito, promossa da Opyn — società specializzata nei servizi di lending as a service — e realizzata da Ipsos.

L’indagine, presentata il 18 giugno, si basa su oltre 70 interviste rivolte a CFO e responsabili finanziari di aziende italiane, insieme a 13 istituzioni finanziarie tra cui grandi banche, realtà territoriali e operatori fintech. Il quadro che emerge è quello di due mondi che si muovono a ritmi diversi: le banche, già ampiamente digitalizzate con l’adozione di strumenti di intelligenza artificiale per l’antiriciclaggio, l’onboarding dei clienti, l’analisi del credito e la prevenzione delle frodi; e le imprese, ancora fortemente ancorate a modelli relazionali e all’esperienza umana.

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I principali risultati dello studio Ipsos-Opyn:

  • L’89% delle aziende ha avviato progetti con l’AI, ma prevalentemente in fase sperimentale e su ambiti come marketing e assistenza clienti. Solo il 27% l’ha introdotta in area amministrativa, con un impiego ancora più limitato nella gestione del credito.

  • Tra le imprese che utilizzano l’AI per la valutazione creditizia, il 16% ha sviluppato competenze interne, mentre l’11% si affida a fornitori esterni.

  • Le banche sono più avanzate: impiegano diffusamente l’intelligenza artificiale sia per l’analisi del rischio sia per la valutazione del credito, spesso con soluzioni proprietarie.

  • Il monitoraggio continuo del rischio è ormai prassi nelle banche, con aggiornamenti anche quotidiani dei rating. Solo due terzi delle imprese effettuano verifiche regolari, limitandosi spesso ai nuovi clienti.

  • Il 49% delle aziende non ha una visione chiara dell’impatto che l’AI potrebbe avere sull’accesso al credito. Il 40% teme che l’automazione possa ridurre le possibilità di ottenere finanziamenti, mentre solo l’11% prevede un effetto espansivo.

  • Un punto comune a entrambe le categorie è la centralità del fattore umano: tutte le banche e imprese intervistate dichiarano che la decisione finale sul merito creditizio resta affidata all’intervento di una persona.



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