di Federico Piazza
L’Italia è un paese per fonderie? Non più, secondo Fabio Zanardi, presidente di Assofond, l’associazione confindustriale delle fonderie di ghisa, acciaio e alluminio che nei giorni scorsi, ha tenuto a Soave la sua assemblea nazionale. I prezzi dell’energia elettrica alle stelle non sono sostenibili per il settore, lamentano ormai da anni gli imprenditori del settore, e le misure governative per aiutare le Pmi energivore sono del tutto insufficienti. Intanto, l’agognata riforma Ue del mercato elettrico è lontana da venire, bloccata da interessi contrastanti tra i diversi Paesi e seconda delle differenze di mix elettrico e di sistemi di sussidi per ridurre il peso delle bollette su imprese e consumatori privati.
A Soave era presente anche Franco Vicentini, titolare del gruppo di fonderie venete del comparto ghisa VDP con sede a Schio, e vice presidente di Assofond. Vicentini si è occupato a lungo di mercato dell’energia nei consorzi di acquisto delle imprese, ed è convinto che l’unica soluzione sia disaccoppiare il prezzo dell’elettricità da fonti rinnovabili, che hanno un costo di produzione molto più basso, da quello del gas. L’Italia infatti ha il prezzo all’ingrosso dell’energia elettrica più alto d’Europa (PUN – Prezzo Unico Nazionale in genere oltre i 100 euro a MWh, mediamente quasi un terzo più della Germania e oltre il doppio e il triplo di Spagna e Francia, che sono i principali paesi concorrenti in Europa delle fonderie italiane), a causa del meccanismo europeo di definizione del prezzo marginale che di fatto, pur essendo arrivati ad avere oltre il 40% del fabbisogno elettrico nazionale soddisfatto da fonti rinnovabili, continua in Italia a essere quasi sempre determinato dalle centrali a turbogas, le meno efficienti e quindi le più costose. Un meccanismo che assicura ottimi profitti ai produttori da fonti rinnovabili, dall’idroelettrico innanzitutto al fotovoltaico all’eolico.
Nel frattempo la produzione delle fonderie italiane continua a calare a causa di una domanda molto debole da tanti settori come l’automobile, i macchinari agricoli e movimento terra, la meccanica in generale. Soprattutto il comparto delle fonderie ferrose è in contrazione da parecchio, tanto da aver perso un terzo dei volumi dal 2018 ad oggi. Franco Vicentini di VDP conferma la riduzione importante della produzione di ghisa anche negli stabilimenti del gruppo tra Schio e Padova, un calo a doppia cifra negli ultimi due anni. Qualche segnale positivo era arrivato del mercato statunitense, che ha tirato più di quello europeo, ma ora con l’incertezza dei dazi e l’aggravarsi delle situazioni di conflitto in Ucraina e in Medio Oriente con relative possibili ricadute molto negative sull’economia, all’orizzonte non si prospetta purtroppo nulla di buono.
Zanardi nella relazione presentata a Soave ha parlato soprattutto di caro energia e di misure totalmente insufficienti per contrastarlo, puntando l’indice contro i grandi guadagni delle compagnie elettriche. In particolare ha fortemente criticato l’ultimo decreto bollette del governo per non aver beneficiato le PMI energivore, tra cui figurano le oltre 800 fonderie attive in Italia, di cui il 12% hanno sede in Veneto. «Sconcerta leggere, da parte di chi ha tratto profitti record da questa crisi, che non vanno tutelati solo gli energivori, ma anche le piccole e medie imprese. Ma noi cosa siamo?», si è chiesto retoricamente il presidente di Assofond. «Siamo piccole e medie imprese energivore! Rischiamo quindi di essere troppo piccoli per rientrare tra i grandi energivori, e troppo energivori per rientrare tra le PMI. È già successo, con l’ultimo Decreto Legge bollette, e non possiamo permettere che accada di nuovo. Il fatto di riservare gli aiuti alle sole aziende allacciate in bassa tensione può avere due cause. O si ritiene che le PMI in media/alta tensione non necessitino di aiuti perché il loro grado di competitività è adeguato, e in tal caso, lo gridiamo forte da questo palco, che questa non è la realtà. Oppure si tratta di un errore, e allora poniamo rimedio. Siamo in una situazione emergenziale – ha sottolineato Zanardi – e in un’emergenza non si distribuiscono contentini a pioggia. Si interviene dove serve. Perché un’azienda energivora, grande o piccola che sia, se non ha costi in linea con i competitor internazionali è automaticamente fuori mercato».
Il presidente di Assofond ha quindi chiesto nell’immediato che il governo introduca un credito d’imposta per i costi energetici: «Guardiamoci indietro: è l’unica misura che ha davvero funzionato e ha restituito competitività alle fonderie in Italia. Rapido, efficace, mirato. Certo, preferiamo soluzioni strutturali. Ma sappiamo anche quanto sia complicato introdurre nuovi strumenti. L’Energy Release 2.0, dopo il fallimento della prima versione, è ancora bloccata a Bruxelles».
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