Perché il FMI vede il rischio di stagnazione per l’Europa — Notizie TradingView


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Il Fondo monetario internazionale avverte che l’Europa sta scivolando nella stagnazione senza sforzi massicci per cambiare la tendenza.

L’aumento dei rischi geopolitici, la crescita lenta e la debolezza degli investimenti sono i principali rischi che affliggono l’Europa.

Il rallentamento del PIL europeo

L’istituzione con sede a Washington ha indicato le tensioni commerciali e la domanda debole come i principali inibitori dello slancio economico, con i rischi fortemente sbilanciati verso uno scenario al ribasso.

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Nonostante i tassi di disoccupazione siano ai minimi storici e l’inflazione si avvicini ai livelli-obiettivo, l’area dell’euro dovrebbe conseguire un modesto tasso di crescita di appena lo 0,8% nel 2025.

Il PIL dell’Eurozona è cresciuto dello 0,9% nel 2024.

I risultati economici dell’Europa negli ultimi anni forniscono un quadro più chiaro di questa decelerazione.

Dopo una forte contrazione del -6,08% nel 2020 a causa della pandemia globale, l’Eurozona ha registrato un robusto rimbalzo, con una crescita del PIL che ha raggiunto il 5,2% nel 2021.

A ciò ha fatto seguito una crescita del 3,5% nel 2022 e un ulteriore rallentamento allo 0,4% nel 2023.

La previsione dello 0,8% per il 2025 indica una continuazione di questa tendenza al ribasso rispetto ai picchi di ripresa post-pandemia.

La Germania, la più grande economia europea in Europa, dovrebbe avere una crescita dello 0,3% nel 2025. 

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Il rallentamento della domanda in Europa è una questione sfaccettata.

Tra i fattori che contribuiscono a ciò figurano l’impatto persistente degli elevati costi di finanziamento per le imprese, che scoraggiano gli investimenti, e l’accresciuta incertezza della politica economica.

Anche la fiducia dei consumatori ha mostrato segni di indebolimento, suggerendo che il risparmio precauzionale potrebbe continuare a frenare i consumi delle famiglie.

Inoltre, la crisi energetica innescata da eventi geopolitici, unita al cambiamento delle dinamiche del commercio mondiale, in particolare con la Cina, che ha portato a un aumento delle importazioni e a una diminuzione delle esportazioni per l’area dell’euro, ha avuto un impatto significativo sui settori manifatturieri, ad alta intensità di capitale e altamente sensibili ai prezzi dell’energia.

Aumento della produttività, approfondimento del mercato unico

Per riaccendere la produttività, il FMI ha sollecitato una “spinta decisiva” verso un approfondimento a lungo ritardato del mercato unico dell’Unione europea.

L’analisi dell’istituzione indica che l’attuale frammentazione transfrontaliera all’interno dell’UE impone un notevole onere economico alle imprese, equivalente a una tariffa del 44% sui beni e a uno sbalorditivo 110% sui servizi.

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Il FMI sostiene che colmare queste lacune interne attraverso l’armonizzazione normativa, riforme globali del mercato dei capitali e una maggiore mobilità del lavoro potrebbe potenzialmente aumentare il prodotto interno lordo (PIL) della regione del 3% nel prossimo decennio.

Le prospettive economiche sono ulteriormente complicate dalle crescenti pressioni fiscali.

Poiché le spese relative alla difesa, all’invecchiamento della popolazione e al cambiamento climatico spingono la spesa verso l’alto, il FMI consiglia ai paesi con solide posizioni fiscali di dare priorità agli investimenti.

Al contrario, gli Stati membri fortemente indebitati sono avvertiti di prepararsi a difficili misure di risanamento di bilancio.

Per sostenere gli obiettivi condivisi e far fronte a questi costi crescenti, l’FMI ha sostenuto un aumento del 50% del bilancio complessivo dell’UE.

Pur riconoscendo che il sistema bancario europeo è attualmente “adeguatamente capitalizzato e liquido”, il fondo ha anche evidenziato potenziali vulnerabilità.

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Prevede rischi di deterioramento del contesto imprenditoriale per le imprese europee con un’esposizione significativa agli Stati Uniti, che potrebbe, a sua volta, mettere a dura prova i bilanci delle banche.

A seguito di una regolare “consultazione sull’articolo IV”, il FMI ha inoltre avvertito che la crescente influenza delle società finanziarie non bancarie potrebbe rappresentare una minaccia per la più ampia stabilità finanziaria all’interno della regione.



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